Consarcinatore
con-sar-ci-na-tó-re
Significato Che si adopera ad aggravare un’accusa, una diffamazione, un’insinuazione
Etimologia derivazione dotta, dal latino sarcinare ‘caricare’, che è da sàrcina ‘fardello, fagotto’, con prefisso con-.
- «Lei, con qualche altro consarcinatore, ha trasformato un'illazione infondata in un caso enorme.»
Parola pubblicata il 07 Novembre 2025
Con questa parola entriamo in un Olimpo letterario — ma il significato è così sfacciatamente gagliardo che non si può trascurare. Partiamo da come è costruita.
La sàrcina, in latino, è il bagaglio, la soma. È un termine che in italiano è passato, sì, ma è ormai desueto, e aveva questi significati insieme a quello, specifico, del famoso fagotto legato in cima al bastone. Vale la pena notare qui che è un derivato di sarcire, che è un rammendare, ricucire (avo del risarcimento e del sarto) e che tramite questi significati compone il fardello, il fagotto. Il sarcinare, ad ogni modo, è un caricare.
La figura del consarcinatore è costruita (in maniera dotta, espertissima) come un ‘con-caricatore’. Un collega camallo che aiuta nel carico. Di che? Questo è il punto su cui la parola glissa, con preziosa ellissi. Il consarcinatore si adopera a caricare un’accusa. Nel renderla più grave. Nell’appesantire un’insinuazione, nel montare un sospetto. Nel locupletare una diffamazione.
Si notano subito due cose: che la figura è relativamente comune (di consarcinatori e consarcinatrici è pieno il mondo) e che è negativa in modo tremendo, abietto. Ha l’aura del profittatore e del tirapiedi, che si unisce nel far danno dalla seconda fila, seguendo, rincarando la dose, anche maramaldeggiando. Beninteso, partecipare nell’aggravare e circostanziare un’accusa giusta può anche essere un atto meritorio, ma il consarcinatore è nato frugando nel baule del latino alla ricerca di un nome per una persona fetente. E questo lo fa funzionare in maniera unica.
Quando puntiamo l’indice verso chi partecipa arricchendo una diffamazione è molto facile che gli animi siano piuttosto accesi, e che i toni li seguano. Anzi, in effetti in questi casi tendiamo a non tenere nemmeno a fuoco il ruolo di chi fornisce un aiuto del genere, ci abbandoniamo alla più schietta ingiuria. Il consarcinatore, distinto quanto solo i cultismi sanno essere, ci permette di tenere in mano questa considerazione senza farci incendiare, e senza proiettare il discorso nella contumelia. Lo discrimina con precisione.
Posso raccontare dello sgomento di scoprire un amico fra i consarcinatori della malignità che ha iniziato a girare a lavoro; l’accusa già grave contro l’amministratore ha trovato consarcinatori in tutte le persone a cui negli anni aveva negato qualcosa; e abbiamo qualche idea su chi ci sia, fra i consarcinatori che stanno approfittando di un sospetto per affossare qualcuno.
Lo sentiamo: oltre ad avere una precisione imparagonabile, per cui sintetizza e prende su di sé l’intera articolazione di una figura che si adopera a un aggravio malizioso, è distante da ogni normale immagine di complicità. Non è un correo, non ha una prospettiva criminale, né ha l’astrazione del favoreggiatore, la fisicità bruta e imbrancata di chi spalleggia. Il rapporto con la scaturigine della prima accusa, della prima voce — quella che si impegna ad appesantire — non è esplicitato. Il consarcinatore può essere un lacchè, o semplicemente cogliere l’occasione per zavorrare col suo.
Pregi formidabili, impastoiati dalla rarità del termine, che pur squisito è praticamente indecifrabile. Va conosciuto.
Ora lo conosciamo.