Moroso
La strana coppia
mo-ró-so
Significato Che è in mora, in ritardo nell’esecuzione di un’obbligazione
Etimologia voce dotta recuperata dal latino mŏrōsus ‘lento, differito’, da mora ‘indugio, ritardo’.
Parola pubblicata il 25 Maggio 2021
La strana coppia - con Salvatore Congiu
Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.
Chiariamo subito: il moroso che ci interessa qui non è il fidanzato, così chiamato nel Settentrione per aferesi di amoroso. E parimenti, la mora con cui il nostro moroso ha a che fare non è la bella di cui è innamorato, e neppure quella di rovo o di gelso, bensì la mora più antipatica di tutte, il ritardo ingiustificato nel versare quanto dovuto, per cui si è messi in mora e costretti al pagamento degli interessi di mora. Sarà perché gli scoccia pagare, allora, che in inglese e francese morose significa ‘cupo, imbronciato, triste’? Interessante, ma la verità è che morose e moroso derivano sì entrambi da un latino morosus, però non dallo stesso.
Il nostro moroso viene da mŏrōsus (con la prima ‘o’ breve), aggettivo derivato da mŏra ‘indugio, ritardo’, e che pertanto significava ‘lento, differito’. Il significato italiano, dunque, non è che un banale restringimento semantico: lento nel pagare. Vi era però anche un mōrōsus (con la prima ‘o’ pronunciata più lunga rispetto a quella di mŏrōsus), che invece derivava da mōs-mōris ‘costume, carattere’ ma anche ‘malcostume, capriccio, arbitrio’. Come sappiamo, le voces mediae tendono a perdere la neutralità, virando al positivo o al negativo, e infatti mōrōsus valeva ‘bizzarro, capriccioso, scontroso’, nonché ‘esigente, pignolo’. Il carattere individuale, insomma, diventa peculiarità e da lì trapassa in idiosincrasia, fastidiosità – non nel senso del dare fastidio ma in quello di provarlo, di essere schifiltoso; accezione oggi obsoleta in italiano, ma mantenuta nell’inglese fastidious, che del latino fastidiosus ha preso giusto quell’aspetto e che perciò non significa ‘fastidioso’ bensì ‘esigente, scrupoloso, difficile da accontentare’ (e così oggi abbiamo preso due falsi amici con una fava).
Tutto qui, allora? Nessuna possibilità di contatto tra il mŏrōsus padre del nostro moroso e il mōrōsus sfociato nel morose anglofrancese? Parrebbe di no, anche se è facile individuare un anello di congiunzione semantico tra la lentezza del primo morosus e la meticolosità del secondo: l’indugio. È solo una congettura, naturalmente; ma le sovrapposizioni di significati sono quanto mai comuni in ambito linguistico, tanto più che già in latino volgare la quantità vocalica era scomparsa. Comunque, nessun legame tra il malumore del morose e la morosità: semplicemente, abbiamo attinto a due morosus differenti, con accezioni del tutto diverse. Parole, per una volta, non sorelle ma sosia.
Certo è curioso che, tra Cinque e Seicento, inglesi e francesi abbiano preso in prestito un aggettivo latino per dire qualcosa – burbero, imbronciato, cupo, triste – per cui non erano certo a corto di sinonimi; mentre noi, nello stesso periodo, adottavamo il suo gemello diverso per coprire un buco semantico importante con un termine oggi insostituibile, ancorché spiacevole e intimidatorio. Ma in inglese e francese, allora, come si dice ‘moroso’? La risposta è interessante: rassicurante e avalutativo il francese (retardataire, cioè ritardatario), assai più arcigno l’inglese (defaulting, ossia in difetto, inadempiente, e delinquent – sì, oltre che ‘delinquente’ significa anche ‘moroso’; ed ecco preso il terzo piccione con una fava).
Ci rivela qualcosa, quest’uso di parole più o meno accomodanti o minacciose per esprimere, in diverse lingue, lo stesso significato? E infine, come mai se non riusciamo a pagare la bolletta della luce perché non riceviamo lo stipendio da mesi veniamo definiti morosi, mentre solitamente non affibbiamo il medesimo, antipatico epiteto al datore di lavoro che non ci paga?