Vigliacco

vi-gliàc-co

Significato Che fugge dal pericolo; che accetta l’ingiustizia senza reagire; che si impone con prepotenza su chi è debole; sfrontato, provocante, malizioso

Etimologia dallo spagnolo bellaco, di origine incerta, con attrazione di vile.

  • «Ci vediamo a mezzogiorno sotto la quercia grande, se non sei un vigliacco.»

È una parola che ci offre una bella dose di complessità su diversi livelli. In un certo senso, una parola vigliacca.

Il vigliacco non manca semplicemente di coraggio; certo fugge davanti al pericolo, e accetta l’ingiustizia senza ribellarsi — ma può perpetrarla in prima persona, incline alla prepotenza e alla sopraffazione di chi è debole (e quindi non gli ingenera paura). Vigliacco chi la dice grossa alle spalle ma svicola in palese; vigliacco chi davanti all’umiliazione altrui tace; vigliacco chi s’impone su persone più deboli, approfittandone.
Sono atteggiamenti che chiamano in causa la mancanza di coraggio, ma non solo; nel vigliacco è compromessa una vasta porzione di valore personale — audacia sì, ma anche rettitudine, compassione. Com’è che arriviamo a un significato del genere?

Non siamo lontano dal vile, come ampiezza di concetto; vilis in latino fu una parola immensa che qualificava chi o ciò che era di poco valore, basso prezzo, spregiato, volgare. E possiamo pensare che vigliacco derivi da vile, ma non è proprio proprio così.
‘Vigliacco’ deriva nel ‘500 dallo spagnolo bellaco, che è l’attaccabrighe, il briccone — ma diciamo pure il malvagio. Per la cronaca, l’etimo ulteriore è di incertezza molto dibattuta.
Ora, il passo verso la qualità del vile di qui è breve, ma in pratica in italiano il vile si mangia il bellaco, attraendolo nella forma e nel significato — anche se resta nella dimensione battagliera dell’originale spagnolo: in effetti il ‘vile’ ha accezioni più ampie, nell’abbracciare il misero, il meschino e l’abietto.

‘Vigliacco’ è una parola sciolta e secca, che si prende il suo spazio nel discorso per fornire l’articolata circostanza di chi vale poco nel confronto, di chi non opera con coraggio e con giustizia. In paragone, il pusillanime è individuato con una tale cavalleresca magniloquenza da essere meno dritto e incisivo; il codardo è più stretto e di semplicità animale, nel modo in cui tiene la coda bassa per paura; il maramaldo ha una finezza e una malizia di sapore più marcato. Già così ‘vigliacco’ sarebbe (ed è) una risorsa pronta, affilata e dura come poche altre in questa sfera di significati, ma possiamo aggiungerci un tratto ulteriore.

L’azione non coraggiosa e non giusta non è sempre letteralmente maligna; possiamo leggerla a mo’ di disfemismo con la chiave del malizioso, dello sfrontato, del provocante. Ci può essere una dose di esperienza callida, nel vigliacco, un certo modo di approfittarsi e appropriarsi di una situazione, spesso in maniera ironica, e non sempre spiacevole.
Come nell’offerta vigliacca di un’altra fetta di torta a cui nostro malgrado non diremo di no, nella proposta vigliacca di dar prova del nostro fluente giapponese, di cui ci siamo vantati, e nel sorriso vigliacco con cui facciamo intendere d’aver inteso un interesse, sotto alla cortina della dissimulazione. Un uso più sottile, ancora più affilato.

Parola pubblicata il 27 Gennaio 2025