Goliardico

go-liàr-di-co

Significato Della goliardia, dei goliardi; spensierato, licenzioso, irriverente

Etimologia probabilmente dal latino medievale goliardus ‘seguace di Golia’, in riferimento al gigante biblico Golia come simbolo di trasgressione ribalda o quale diavolo patrono dei chierici vaganti medievali.

Questa è una parola infida ma eloquente, per chi la sa ascoltare. Ogni volta che la incontriamo richiede uno sforzo d’interpretazione particolarmente accorto, perché i suoi usi appropriati affogano in un mare di usi... convenienti.

Il goliardico scaturisce da una tradizione di trasgressione studentesca, specie universitaria, che ha accompagnato (e in una certa misura ha temperato) la seriosità degli studi nell’Europa dell’ultimo millennio, e ha saputo dare voce a desideri di cambiamento di costume. Di secolo in secolo si è espressa in modi differenti: dalle satire dei chierici vaganti, che si spostavano per studiare di università in università (pensiamo ai testi dei celebri Carmina Burana) fino a più alte complessità accademiche, associazionistiche e simboliche — e ai cappelli goliardici con la tesa anteriore a punta.

Lo spirito goliardico è da sempre costituito d’ironia salace declinata volentieri in arti poetiche, musicali, teatrali, di celebrazione festose del piacere e della compagnia, e della voglia di divertirsi in maniera spensierata. E questo è testimoniato (fra le cento ricostruzioni etimologiche di ‘goliardia’) dalle ipotesi più plausibili sull’origine del termine — che si riferiscono alla figura biblica di Golia, ora come simbolo di una trasgressione ribalda, ora come nome di diavolo protettore degli autoironici chierici vaganti, in cui echeggia l'ingordigia della gola.

Questo mondo della goliardia è in una fase di declino, rispetto ai fasti del passato: figuriamoci, ‘goliardo’ era sinonimo di ‘studente dell’università’. E forse anche per la sua minor forza, minor messa a fuoco, minor presenza e minor presidio il goliardico può essere usato da chi è in cerca di foglie di fico. ‘Goliardico’, infatti, è una di quelle parole fagocitate dal lessico di chi non ha idea di come si sta al mondo, e tenta di giustificare il suo attraversare la vita battendo le mani e ruttando tramite concetti che in qualche maniera lo riparino, lo legittimino.

È ad esempio il caso della provocazione, che viene evocata in frasi come “La mia era una provocazione” da chi, non sapendo pensare né esprimersi né comportarsi in maniera appropriata e intelligente, supera senza volerlo confini che non era opportuno superasse — e non volendo sostenere giudizi negativi reimmagina e riracconta a posteriori il proprio atto come ‘provocazione’ al fine di rigenerarlo come acuta stoccata, voluta e calcolata, che mostri ad animi contegnosi i paradossi delle loro gessose rigidità.

Ascoltando dichiarazioni, leggendo virgolettati più o meno fantasiosi, ogni giorno entriamo in contatto con un ‘goliardico’ che perverte quella trasgressione (già non apollinea, beninteso): sarebbe e vorrebbe essere inteso come spirito spensierato, licenzioso, irriverente, e avventurosamente irresponsabile — declinazione di libertà; ma finisce per coprire il bullo, il violento, il macho, l’intimidatorio. È venduto come spirito goliardico quello del coro da stadio razzista; goliardico il collega che fra una battuta e l’altra tira profondi schiaffi sul sedere alle colleghe; goliardiche le fantasiose minacce di morte lasciate sotto al post; goliardico il pestaggio nonnista che a quanto pare è sfuggito alle migliori intenzioni di burla.

In questi usi (amplificati nei circuiti giornalistici) è una parola impiegata per mentire, per dare una mano di bianco a una realtà trucida e lezza, per tentare di conferirle una dimensione di trasgressione che è istituzionalizzata e tradizionale e perciò da accettare. Un tentativo che si appropria di un’esperienza secolare ampia, sfaccettata e che offre degli addentellati di discutibilità, e la spenge nella legittimazione del peggio. Perciò richiede una certa guardia, e ci dice qualcosa su chi la usa così.

Invece, con la serenità pazzerella che le si confà, potremo parlare dei versi goliardici che accompagnano il nostro regalo di compleanno cantando l’irripetibile (e che ci ricorderemo per sempre), delle avventure goliardiche di una festa di laurea, che si concludono con il lancio di dottori e dottoresse nella fontana, così come di uno spirito goliardico che sfugge sempre il serio e il triste, anche quando stai cercando di dirgli qualcosa di importante.
Senz’altro, una parola dalla sorte complessa.

Parola pubblicata il 30 Novembre 2021