Prammatica

pram-mà-ti-ca

Significato Prammatica sanzione; regola consuetudinaria stabile in materia di regole civili e sociali

Etimologia voce dotta recuperata dal latino pragmatica (sanctio), nome di un genere di delibera imperiale; pragmaticus è ‘che riguarda gli affari civili’, dal greco pragmatikós ‘che riguarda i fatti’, da prâgma ‘fatto’.

  • «Una grande dovizia di citazioni latine, in questi testi, è di prammatica.»

Posso ricordare che è di prammatica presentarsi in abito da sera, o che nella tal situazione è di prammatica parlare solo se interrogati; posso parlare degli attacchi di prammatica da parte dell’opposizione, e posso notare un pregiudizio che in una certa comunità è di prammatica.

Questo, col significato imperniato su un genere di consuetudine, è solo uno degli usi della parola ‘prammatica’, ma è senz’altro quello più fortunato — ed è in grado di testimoniarci una stratificazione storica notevolissima.
Tutto inizia con la ‘prammatica sanzione’. Forse qualcuno, in un cassetto della memoria (ma dimenticato a sua volta, quindi poco utile), conserva il ricordo che un paragrafo di un libro di storia a scuola contemplasse una ‘prammatica sanzione’; probabilmente il riferimento era alla più famosa, quella di Carlo VI d’Asburgo del 1713, che estese la successione imperiale alle femmine (nella fattispecie, alla celebre Maria Teresa). Questa prammatica sanzione è una decisione sancita dal potere imperiale, e si distingue per fama, ma in effetti di prammatiche sanzioni ce ne sono state diverse, e se ci spingiamo fino all’antichità scopriamo che anche gli imperatori romani, fra i propri poteri, avevano quello di emanare una pragmatica sanctio (come quella di Giustiniano I, che dopo la devastante guerra greco-gotica richiamò l’Italia sotto il dominio imperiale). Si tratta, in breve, di una decisione con valore di legge.

Che la sanzione sia un genere di decisione, grossomodo lo sappiamo — la pace viene sancita, l’accordo sancisce che, eccetera; l’enigma sta tutto in quel ‘prammatica’.
Ora, notiamo innanzitutto che si tratta di una variante particolare di ‘pragmatica’. Particolare perché questo adattamento che rende più morbida la pronuncia, e ci fa superare l’aspra grecità del ‘gm’, ha l’effetto paradossale di risultare più dotto. È anche il caso del ‘dommatico’ rispetto al 'dogmatico' (un uso che in diritto mi ha sempre messo molta soggezione). Di solito le parole vengono piallate dalle bocche meno avvezze, mentre quelle più colte le conservano prossime all’originale — ma non sempre: conservare un suono difficile può avere un che di goffamente meticoloso, simile al gesto con cui spostiamo dei cristalli temendo di romperli. Aggiustarsi la parola in bocca ha una sprezzatura tipica di chi domina l’affare in maniera disinvolta — e perciò si mette nella condizione di poterla dire in modo più sciolto, accomodandosi i cristalli in mano in una maniera che rispettosamente non faremmo mai. Chi sa quel che fa si permette qualche spigliatezza. Ma andiamo al punto.

Per noi la qualificazione di ‘pragmatico’ corrisponde al pratico, a chi o ciò che bada al concreto. Ma la sanzione non è ‘pragmatica’ perché è realistica e va al sodo, dritto per dritto. Il greco pragmatikós (passato poi nel latino pragmaticus) è letteralmente ciò ‘che riguarda i fatti’, ‘che riguarda gli affari civili’, da prâgma, ‘fatto’, a sua volta dal verbo prássein ‘fare’, in cui riconosciamo l’ascendenza della ‘prassi’ della ‘pratica’ stessa eccetera. La prammatica sanzione ha la forza di una legge, ma ha un tratto occasionale: resta una decisione su una cosa, su un fatto, su una questione civile… pratica.

Riprendendo il filo, la prammatica è tout-court la prammatica sanzione. Ma come si arriva di qui alla regola consuetudinaria stabile in materia di relazioni civili e sociali, quella del ‘di prammatica’?

Le decisioni dei sovrani riguardavano non di rado questioni di costume. Anche questioni che oggi ci paiono bizzarre — come ad esempio la regolamentazione del lusso dei privati, visto spesso come una minaccia alla pace sociale. Lo sfoggio deve essere regolamentato secondo lo status sociale, e comunque mai eccessivo — altrimenti chi non deve crescerà in orgoglio, e chi non può crescerà in rancore. Così, era considerato ‘di prammatica’ indossare un certo vestito nel senso che era da indossare secondo una decisione sovrana. La dicitura (particolarmente in voga in Toscana, retta giusto dagli Asburgo-Lorena sorti da quella Prammatica sanzione che rammentavamo) si è così mondanamente estesa a ciò che si raccomanda per consuetudine sociale nelle diverse occasioni. La zia ci ricorda come sia di prammatica un ringraziamento scritto, avvertiamo l’amica che per andare in quel locale è di prammatica vestirsi in modo sciatto, e a cena non manca la maionese di prammatica.

Una meraviglia di prammatica.

Parola pubblicata il 08 Febbraio 2025