Cigno

Parole bestiali

cì-gno

Significato Nome comune del genere Cygnus, che include sei specie

Etimologia dal latino cygnus, a sua volta dal greco kýknos.

  • «È il suo canto del cigno.»

Non è un caso che l’eroina di Pirati dei Caraibi si chiami Elizabeth Swan, letteralmente “Elisabetta Cigno”: con il suo piumaggio candido, il collo flessuoso e le movenze leggiadre, quest’animale è un’icona di fiabesca bellezza.

Difatti è onnipresente nelle fiabe, spesso come punto di arrivo di una metamorfosi inquietante quanto affascinante. Dal mito classico di Leda (fecondata da uno Zeus tramutato in cigno) alle fiabe di Andersen e dei Grimm (rispettivamente Cigni selvatici e I sei cigni), fino alla leggenda che ha dato origine al più famoso balletto di tutti i tempi, Il lago dei cigni di Čajkovskij.

E sì che i cigni non sono poi molto diversi da oche e anatre, giacché tutti appartengono alla famiglia degli Anatidi. Eppure, mentre l’oca è accompagnata da un’aura di goffaggine e stupidità, il cigno ci appare come un concentrato di eleganza, e la loro somiglianza non fa che rendere più stridente il contrasto.

Già Virgilio definiva il cattivo poeta “un’oca tra i cigni”, e ancor oggi nella lingua inglese “trasformare le oche in cigni” (turn geese into swans) significa esagerare i meriti o i successi di qualcuno. Anche una celebre fiaba di Andersen, Il brutto anatroccolo, gioca su un contrasto simile. Un pulcino, allevato per errore da un’anatra, cresce vergognoso della propria diversità, ma scopre infine di essere diventato uno splendido cigno. Una storia di riscatto e accettazione di sé talmente fulgida da essere ormai proverbiale.

Il cigno, tuttavia, sconta la sua bellezza con un’inguaribile mancanza: il canto. Perlomeno tale è il caso del cigno reale – il più diffuso in Europa e detto appunto “cigno muto” – mentre altre varietà minori sono meno restie a far sentire la loro voce. Per spiegare quest’incongruenza è nata la leggenda che il cigno canti al massimo delle sue potenzialità solo negli ultimi istanti prima della morte.

Perciò si parla di “canto del cigno” quando qualcuno, sul punto di abbandonare la professione, si impegna in un’ultima, eccellente performance. Tra l’altro l’espressione è stata letteralmente vera nel caso di Schubert, che nel 1828 compose un ciclo di lieder intitolato Schwanengesang (“il canto del cigno”) e poco dopo morì.

Il cigno è protagonista anche un’altra espressione inesatta ma celebre, o meglio celebre perché falsa. Dato che nel mondo conosciuto i cigni erano sempre stati bianchi, il cigno nero divenne – per i latini e poi per gli inglesi – l’impossibile per eccellenza. Questo fino al 1697, quando l’esploratore Willem de Vlamingh arrivò in Australia e vide un intero fiume traboccante di cigni neri.

Per questo nel 2001 l’economista Taleb ha definito “cigni neri” eventi rivoluzionari che, a posteriori, sembrano inevitabili, ma erano in realtà imprevedibili: la diffusione di internet e dei computer, il crollo del muro di Berlino, l’attacco alle torri gemelle… E, possiamo aggiungere, la recente pandemia.

Peraltro il cigno nero non è l’unico caso in cui un animale è stato preso a emblema di qualcosa di rarissimo o impossibile. Noi italiani abbiamo la mosca bianca e – in negativo – la pecora nera, gli spagnoli il cane verde, gli inglesi la mucca viola (anche lei ripresa da un economista, Seth Godin, per simboleggiare prodotti e aziende che spiccano sul mercato). Per non parlare degli animali volanti, come asini (in italiano) o maiali (in inglese). I quali però, a differenza dei cigni neri, sembrano proprio non esistere… almeno fino a prova contraria.

Parola pubblicata il 29 Maggio 2023

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.