Silloge
sìl-lo-ge
Significato Antologia di scritti significativi di uno o più autori; raccolta di scritti scientifici in onore di un autore
Etimologia voce dotta recuperata dal greco syllogé ‘raccolta’, derivato di syllégo ‘raccogliere insieme’, composto da syn ‘insieme’ e légo ‘raccogliere’.
Parola pubblicata il 23 Novembre 2019
Questa parola appartiene a un registro davvero molto elevato. In realtà è in buona compagnia di sinonimi aulici — dal florilegio alla crestomazia — ma rispetto a questi, che sono tutto sommato desueti, si è ricavata delle nicchie molto interessanti.
L’oggetto è semplice e noto: un’antologia. Cioè una raccolta di scritti scelti, significativi, di uno o più autori. L’etimo greco ci spiega questo significato in maniera del tutto piana, come una raccolta, a partire dal colossale e produttivissimo verbo légo, da cui per esempio scaturisce anche il logos che riconosciamo in così tante parole composte della nostra lingua, e anche nel famoso ‘sillogismo’, che assomiglia al termine ‘silloge’ pur parlando d’altro: racconta un tipo di ragionamento deduttivo strutturato con una composizione di due premesse e una conclusione necessaria (facciamo l’esempio più classico della storia? Tutti gli uomini sono mortali; Socrate è un uomo; Socrate è mortale).
Un caso importante in cui si sceglie volentieri di chiamare ‘silloge’ un’antologia è quello degli studi raccolti in onore di qualcuno. Per chi non sia addentro alle dinamiche delle accademie può parere un’usanza strana, ma in momenti speciali della vita (o della morte!) di studiosi di rilievo, in anniversari, in date significative per la loro carriera è consueto che istituzioni a loro prossime promuovano la raccolta di studi scientifici prodotti in loro onore: una silloge. Si capisce subito che fa parte di quell’arcipelago di riconoscimenti che le persone di scienza usano tributarsi, e s’intende allo stesso tempo che il nome eccezionalmente aulico è funzionale a questo onore — anche se può tingerlo di sussiego, e la silloge stessa possa in effetti essere sussiegosa. Umberto Eco, con la lingua graffiante di chi poteva permetterselo, raccontava di come mandasse scritti per tante dello sterminato numero di sillogi e di raccolte a cui veniva chiamato a contribuire rimpolpettando altri discorsi già fatti, cambiando essenzialmente l’inizio e la fine.
Ma l’uso statisticamente più rilevante che viene fatto oggi del termine ‘silloge’ riguarda la silloge poetica, ossia la raccolta di poesie — ed è una nota spesso smiagolata. Infatti la ricercatezza del termine tante volte viene usata per tentare di dare dignità ulteriore alla raccolta; e in ogni caso, sia che la raccolta sia un classico di caratura eccezionale sia che rappresenti un tentativo certo schietto e sentito ma modesto, il rischio che questo termine suoni ampolloso è concreto. La discrezione è una gran virtù.
Poi questo nome è stato usato anche per descrivere compendi, compilazioni di norme, sintesi, collane editoriali: la vastità del significato che il suo ‘raccogliere insieme’ ci apparecchia è versatile e permette di tutto — potrebbe essere una silloge anche un menu dello chef. Ma il suo recupero dotto e tardo (si parla della metà dell’Ottocento) non ha preso un abbrivo per ora sufficiente a spingerlo in modo sensibile oltre a questi usi speciali.