Sincretismo
sin-cre-tì-smo
Significato Fusione di elementi propri di sistemi diversi, specie in ambito filosofico, religioso, artistico
Etimologia voce dotta recuperata dal greco synkretismós, propriamente ‘coalizione alla maniera cretese’, da synkretízein, derivato di Kréte ‘Creta’, con prefisso sýn ‘insieme’.
- «L'integrazione di questi stilemi esotici è frutto di un evidente sincretismo culturale.»
Parola pubblicata il 26 Febbraio 2025
Le parole vanno un po’ dove vogliono. Qui si parte da un conio del tutto occasionale di Plutarco, celebre storico del I secolo d.C., e si arriva a un concetto estremamente complesso e ramificato che investe filosofia, religione, arte.
La parola inventata Plutarco nel suo trattato sull’amore fraterno (Perì philadelphía) ci mette insieme Creta. Come grande isola ha vissuto naturalmente delle divisioni politiche interne anche aspre, ma lui racconta come la gente di Creta fosse comunque in grado di coalizzarsi contro minacce esterne: il diviso e il diverso, all’occorrenza, si fanno uno. Bene, bello. E sarebbe stato tutto qui se la suggestione plutarchiana non avesse dato frutti inattesi durante il Rinascimento.
Ora, questo periodo benedetto è segnato da guerre e scismi e persecuzioni a un grado davvero straordinario. Le contrapposizioni fra ideologie filosofiche e religiose sono durissime, ed è qui, col recupero generalizzato del sapere antico, che si riattinge all’idea del sincretismo (anzi pare che il primo a farlo sia stato Erasmo da Rotterdam); è dapprima un’idea di contemperamento, mediazione pacifica fra paradigmi — ma viene coltivata ulteriormente, nei secoli successivi.
Il sincretismo diventa il carattere composito di un sistema, che mescola elementi propri di sistemi diversi, senza nemmeno troppa coerenza (e la cui conciliabilità susciterebbe qualche dubbio).
Ad esempio si parla di sincretismo religioso quando non c’è una religione che ne soppianta un’altra, ma quando, per i motivi più disparati, una si fonde in parte con un’altra: pensiamo al sincretismo del candomblé afrobrasiliano, in cui divinità ancestrali e santi cristiani si sovrappongono; pensiamo al sincretismo della Roma antica, al cui pantheon si mischiarono culti misterici come quello di Mitra; pensiamo al sincretismo new age che mette insieme sciamanesimi, buddismi e via dicendo — ma tornando al Rinascimento possiamo anche considerare il sincretismo di dottrina platonica e cristianesimo, molto in voga nell’intellighenzia fiorentina.
Senza contare che possiamo parlare del carattere sincretico di un ciclo di dipinti che fonde elementi e stilemi di tradizioni disparate, del sincretismo sperimentato dalla compositrice, del sincretismo del poema analizzato dalla critica.
Queste commistioni, si sente, non hanno più tanto il carattere della coalizione militare occasionale fra paesi partiti e rivali; ci sono distanze e conflitti che si risolvono in una nuova particolare unità, ma senza le campane della minaccia esterna. Il lento espandersi di un significato, il suo rientrare in circolo, le letture successive e le attualizzazioni, i tentativi sbavati che sono piaciuti e hanno fatto scuola, hanno operato il lento mutamento — e finito per proiettare un tratto della Creta antica verso il crogiolo culturale.
Un salto davvero impensato; e ad essersi conservata perfettamente, invece, è l’aura di alta cultura del concetto. Anche noi possiamo notare questi sincretismi, questi caratteri sincretici, viaggiando sullo stesso registro aulico di cui era consapevole l’umanista, quando ripescava da millecinquecento anni prima un termine,che allora era… desuetino.