Quatto

Parole d'autore

quàt-to

Significato Rannicchiato in silenzio, o più specificatamente appiattito a terra, per non essere visto

Etimologia dal latino coactus, participio passato di cògere nel significato di ‘restringere, comprimere, ridurre’.

Arrivato al canto XXI dell’Inferno il lettore ha quasi l’impressione che qualcuno si sia seduto sul telecomando e abbia cambiato canale per sbaglio, perché all’improvviso ci troviamo nel mezzo di un film comico.

Anzitutto l’inferno, luogo di rispettabile terribilità, assume un aspetto farsesco, con tanto di diavolazzi armati di forcone che cucinano i dannati nella pece bollente. Per giunta il loro capo esibisce un peculiare sistema di chiamata a raccolta, immortalato nel verso: “Ed elli avea del cul fatto trombetta”.

Anche Virgilio non fa una grande figura. Sì, impedisce che Dante venga scaraventato seduta stante nella pece e contratta un sicuro passaggio per la bolgia successiva. Peccato che il passaggio in realtà non esista e che i diavoli siano ben decisi a fare la festa ai due viaggiatori, appena potranno.

Quanto a Dante, si è capito sin dall’inizio che il coraggio fisico non è il suo forte, ma ora la sua fifoneria raggiunge punte notevoli. In pratica tutto ciò che il narratore aspira a fare, per due canti abbondanti, è fuggire a gambe levate o nascondersi.

Va detto però che Virgilio stesso, all’approssimarsi dei diavoli, gli suggerisce di rifugiarsi dietro ad alcune rocce, o meglio di ‘acquattarsi’. Un termine che compare qui per la prima volta nella storia della nostra lingua, così come l’aggettivo “quatto” utilizzato poco dopo.

Ciò non vuol dire necessariamente che siano di conio dantesco; in effetti è probabile che fossero già diffusi nella lingua orale. Tuttavia Dante li ufficializza, introducendoli nel vocabolario dell’italiano ancora in costruzione. Inoltre si deve a lui la formula ‘quatto quatto’, così usata che la Crusca la rubricò nel suo primo Vocabolario come un lemma a sé stante.

Innovazioni successive sono invece le similitudini ‘quatto come un gatto’ o ‘come un ratto’ (in realtà la rima quatto-ratto è presente già nella Commedia, ma con altro significato). Paragoni appropriati, comunque, dato che ‘acquattarsi’ descrive un movimento molto specifico: quello di appiattirsi a terra, come fa il gatto per tendere un agguato.

Dante, dal canto suo, preferisce una similitudine più elaborata: quando Virgilio gli dice di uscire dal nascondiglio dove se ne sta “quatto quatto”, assicurandogli che i diavoli non gli faranno nulla, il poveretto ha la sensazione di essere un assediato che lascia la propria città per inoltrarsi in mezzo ai nemici, con il forte timore che questi rompano i patti e gli saltino addosso.

In particolare Dante allude all’assedio di Caprona, compiuto dai fiorentini sull’onda della schiacciante vittoria di Campaldino (ricordata nel canto successivo). Due eventi cui il poeta aveva partecipato di persona, benché sia difficile immaginarlo con la spada in mano; tant’è che il monumento eretto in suo onore nella piana di Campaldino è stato impudentemente ribattezzato “la valigia di Dante”.

Non è strano però che Dante richiami questi eventi – importanti sia per la storia che per la sua vita – nei canti meno solenni delle Commedia? In realtà non troppo, se si pensa che la baratteria (corruzione) punita in questa bolgia fu l’accusa che costrinse Dante a lasciare Firenze.

Al contrario, proprio il valore autobiografico di questi canti può forse spiegare il loro tono strampalato: implicitamente il poeta mette in evidenza l’assurdità grottesca dell’accusa e ridicolizza i propri avversari, rappresentandoli nella veste di diavoli tanto crudeli quanto sciocchi. Il riso, talvolta, può essere un’arma anche più affilata dell’invettiva.

Parola pubblicata il 28 Giugno 2021

Parole d'autore - con Lucia Masetti

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